«Se dunque mi preparo a lottare, come posso, e con tutta la mia energia, contro ogni forma di terrore, è, in realtà, perché sono solo. Il mio non è qualunquismo né indipendenza: è solitudine.» Nell’agosto del cruciale e traumatico 1968, Pier Paolo Pasolini inaugura una rubrica sul settimanale «Tempo» e la intitola Il caos: è l’anno delle contestazioni, delle proteste studentesche, della lotta per i diritti civili. Sullo sfondo di un Paese che sta rapidamente cambiando, Pasolini interviene con forza polemica sui temi dominanti di quei giorni, dando inizio a riflessioni – qui riunite per la prima volta in volume autonomo insieme con testi scritti per la rubrica e non pubblicati – che risulteranno fondamentali per la sua stagione corsara: la polemica contro la televisione, l’emergente questione giovanile, la posizione della Chiesa, le accuse al capitalismo. Dal 16 agosto 1968 al 24 gennaio 1970, Il caos affronta così l’attualità politica e le novità culturali, la cronaca pubblica e la vita privata dell’autore. Rileggerlo oggi a quarant’anni dalla morte di Pasolini permetterà di comprendere fino in fondo un periodo decisivo della nostra storia, e di riascoltare la voce ostinatamente fuori dal coro del poeta che ne fu il più consapevole protagonista.
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